Parto, in questo mio breve articolo, dalla consapevolezza che molti che leggono non saranno d’accordo con me. Ma è una mia vecchia bandiera pensare sempre in modo alternativo, senza legarmi forzatamente al pensiero “mainstream”.
Quarant’anni fa, quando mi affacciavo timidamente a questo strumento principalmente da autodidatta, mi capitò di entrare quasi da subito a suonare con altri pipers. Non erano italiani, ovviamente, in quanto allora eravamo realmente in pochi a suonare questo strumento. Erano un piccolo gruppetto capeggiato dal Pipe-Major Willie Cochrane e di cui facevano parte gli oggi amici Roddy MacDonald e Allan MacDonald. Si gironzolava per la Fiera Campionaria di Bologna tra una marcetta, una birra e un assaggio gastronomico: erano gli anni ’80 e si, imparai tanto allora dalla frequentazione di pochi giorni di questa banda (imparai anche a non ubriacarmi più, perché stetti malissimo..). Da allora ho sempre favorito la formazione con i miei allievi di piccole pipe-band, anche se formate da componenti non troppo esperti. Perché suonare insieme serve, soprattutto se in pubblico. Serve a sforzarsi di migliorare sé stessi, di acquisire dimestichezza a costo di qualche inevitabile figuraccia, ma serve. Tristemente, un giorno, alcuni miei allievi mi accusarono di metterli troppo presto davanti a responsabilità troppo grandi, non sufficientemente preparati e abbandonarono la scuola in malo modo: forse fu un mio errore di valutazione. Salvo poi scoprire che mesi dopo suonavano.. in una banda!
Si sa che la cornamusa scozzese è anche uno strumento militare. Ogni reparto dell’esercito britannico inquadrato nei reggimenti di Scozia aveva, e ha ancora, la sua brava banda di cornamuse e tamburi. A Edimburgo esisteva la Scuola Militare di musica per cornamusa. Aveva sede al Castello e vantava insegnanti del calibro del grande Willie Ross, che formò centinaia di pipers tra cui il mitico e insuperato John D. Burgess. In questa scuola si insegnava non solo musica e cornamusa o tamburo ma anche la pratica militare del drill, cioè l’inquadramento, la marcia, la disciplina militare e musicale, le figurazioni di banda.
Oggigiorno sono innumerevoli le bande civili di cornamusa e tamburi che “imitano” le movenze e il drill delle vere pipe-band militari. Purtroppo però di queste ultime non hanno – a mio parere – ereditato la dignità e la solennità.
Nel 2009 mi recai al Pipe Band World Championship a Glasgow, per assistere di persona alla sfida tra le migliori bande di cornamuse del mondo, lì riunite. E lì maturò una convinzione: che ormai la tecnica esecutiva ha di gran lunga superato da musicalità. Ascoltare infinite ripetizioni di sequenze March – Strathspey – Reel da allora mi dà un senso di grande noia. E’ una vecchia questione che ho discusso anche con maestri di quest’arte, trovando spesso concordanza di idee e sensazioni.
In poche parole, la musica per banda (e anche per solisti) nelle competizioni è diventata una sorta di gara sterile a chi si avvicina meglio alla perfezione tipica di un elaboratore elettronico e non di musicisti: tecnica pura senz’anima.
C’è una musica particolare, antica, controversa nelle sue origini ed espressività: il Piobaireachd. E’ un repertorio di brani per cornamusa a solo, difficili da comprendere a causa di un tessuto molto particolare e melodicamente riconducibile ad una semplice aria, o frase, tipicamente gaelica per gusto e stile.
A parte una storica rielaborazione di questi semplici brani in complesse architetture musicali da parte di una famiglia, i MacCrimmon dell’isola di Skye, a partire dal XIV secolo, il Piobaireachd è anch’esso diventato obiettivo di gare e contests in cui all’espressività si è sostituita la tecnica. In poche parole: da brani semplici, solenni e adatti alla pentatonica della cornamusa, si è arrivati strada facendo a elaborati complessi che hanno un valore più tecnico che artistico.
Auspico un ritorno alla musica vera, ma questo farà parte di un altro articolo.